21.3 Roma minacciata di distruzione
Non gliene mandarono, ed egli dové assistere impotente all'entrata di Totila e degli Ostrogoti in Roma. Tutti gli orrori d'una città presa e saccheggiata si rinnovarono per l'antica Signora del Mondo. L'empio re Totila, deciso a spianarla, cominciò ad abbatterne le mura, ne bandì gli abitanti e si accingeva a incendiarla, quando lo stesso Belisario lo supplicò di risparmiare quel che restava di tanta magnificenza. E Totila, trascinati via con sé i senatori come ostaggi, la risparmiò. Ma Roma non appariva più che come una città deserta in un deserto. Quando gli Ostrogoti se ne furono andati e vi rientrò Belisario, poche centinaia di persone uscirono dai nascondigli a incontrarlo. Tuttavia egli vi si fortificò in modo che Totila, sopraggiunto dopo alcuni giorni per riprendergliela, fu sanguinosamente respinto.
Le sorti dei Greci stavano per rialzarsi, quando Belisario fu nuovamente richiamato a Costantinopoli. L'Italia ricadde in potere dei Barbari. Gli Ostrogoti riassoggettarono quasi tutta la Penisola; s'impadronirono della Sicilia, della Sardegna e della Corsica; spingevano le loro scorrerie fin sulle coste meridionali della Grecia: ma, all'improvviso, sbucando dalle Alpi Giulie e attraverso le lagune venete, balzò loro addosso un altro generale dell'imperatore d'Oriente: Narsete.
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