18. La marina dei romani
18.1 I primordi di Roma marinara
In un precedente capitolo abbiamo parlato delle audacissime navigazioni degli antichi Fenici in mari lontani e procellosi, in oceani ignoti e lungo terre sconosciute e strane. L'intraprendenza marinara e, diciamo pure, l'audacia di quei remotissimi navigatori, ancora oggi ci stupisce.
Ai Fenici e agli Egizi seguirono i Cartaginesi, d'origine fenicia. In pari tempo, anche la Marina ellenica si sviluppava e si perfezionava, sebbene molto lentamente.
Ma occorreva il sorgere della potenza di Roma per eclissare, nel Mediterraneo e fuori, il ricordo di ogni altro prestigio marinaro.
Com'erano le navi dei Romani? Come navigavano? Com'erano armate ed equipaggiate? E quanto erano lunghe? Seguitemi, miei piccoli amici, in quello che vi racconterò ora, e conoscerete così dei particolari che faranno senza dubbio battere più forte, per l'orgoglio, i vostri cuori di giovanissimi patrioti.
Lo sviluppo della potenza marinara di Roma fu, a tutta prima, piuttosto lento; di che s'intuisce facilmente la ragione.
Per diversi secoli, al tempo dei Re e nel primo periodo della Repubblica, Roma fu continuamente impegnata in guerre terrestri, destinate a estendere sempre più i suoi domini. In quei tempi, poi, la navigazione, specie nel Mediterraneo occidentale, non era sicura. I terribili pirati tirreni ed etruschi assalivano spesso le navi di commercio, uccidendo o traendo schiavi gli equipaggi e i passeggeri. I porti erano scarsi, tranne che nell'Egeo e sulle sponde orientali del Mediterraneo. Nelle stesse rade o baie di rifugio contro il maltempo mancavano i fari, esistenti invece, in Grecia, in Egitto e nei principali centri cartaginesi, sotto la rudimentale forma di un gran fuoco di legna tenuto acceso tutta la notte su un'alta torre.
In quanto alla navigazione, questa era reputata sicura solo dalla levata della costellazione delle Pleiadi a quella di Arturo (cioè dalla fine di maggio alla metà di settembre), pericolosa fino al levarsi delle costellazioni del Capricorno e del Toro (cioè fino alla metà di novembre), e addirittura impraticabile fino al marzo inoltrato, quando si celebrava la festa della riapertura della navigazione, per quanto questa potesse considerarsi pericolosa ancora fino alla metà di maggio. Né i Romani avevano torto. Anche oggi, per le imbarcazioni a vela, i soli mesi ottimi per navigare nel Tirreno sono quelli estivi, compresi tra giugno e settembre. Di conseguenza, le piccole navi di quell'epoca bordeggiavano alla meglio, e, appena il tempo minacciava, cercavano in fretta un rifugio.
I Romani divennero grandi marinai solo durante e dopo le lunghe e gigantesche guerre puniche. Già prima di allora si faceva distinzione tra navi mercantili e navi militari. Quelle dedite al commercio erano di forma panciuta e rotondeggiante e facevano uso più di una grossa vela che dei remi; mentre, per le navi da guerra, più sottili e veloci, si preferiva alla vela l'impiego dei remi che, rendendo la nave indipendente dai capricci del vento, garantivano una maggior regolarità di navigazione.
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