11.15 La morte
E si accingeva a partire per la fantastica spedizione, quando alcuni di quegli uomini a cui egli aveva già tante volte risparmiato la vita, con a capo Marco Bruto, da lui salvato a Farsaglia e amato e beneficato come un figliuolo, lo uccisero.
Eran circa settanta, i congiurati!
Alcuni lo aspettarono ai "Portici di Pompeo", dove Cesare doveva intervenire all'ultima seduta del Senato; altri andarono a prenderlo a casa, perché egli, preavvertito del pericolo e trattenuto dalla sbigottita sua moglie, tardava ad arrivare; altri, infine, trattennero sulla soglia, con un pretesto, il suo fido compagno Marco Antonio.
Appena entrato lo circondarono.
Come si fu seduto, un certo Tullio Cimbro, fingendo di supplicarlo per una grazia, gli si gettò ai piedi e l'abbracciò alle ginocchia; Servilio Casca gli diede una pugnalata alle spalle:
- Scellerato Casca, che fai? - balzò Cesare.
E si difese, con uno stilo da scrivere, come un leone.
Ma quando vide venire contro di sé anche Bruto:
- Tu pure, Bruto, figliuol mio?
E, copertosi il volto con la toga, cadde trafitto da 23 pugnalate!
Volgeva l'anno 44 a. C. Cesare non aveva che 56 anni!
Torna all'indice