11.2 In fuga sui monti della Sabina
Benché appartenente a una delle più antiche famiglie patrizie romane, tanto che si vantava di discendere da Giulio, figlio di Enea (ed Enea era figliuolo di Anchise e della dea Venere) e per parte di madre dal re Anco Marzio, Cesare aveva abbracciato la causa popolare. Aveva sposato una figlia di Cornelio Cinna, compagno di Caio Mario; Mario stesso, avendo sposato una sorella di suo padre, era suo zio... Quand'ecco, ritorna Silla dalla prima guerra mitridatica; vince i mariani e si fa nominar dittatore; condanna a morte gli uomini più rappresentativi del partito avversario; ordina ai patrizi che han tolto in moglie una donna dei suoi nemici, di ripudiarla.
Tutti obbedirono, anche Pompeo Magno. Giulio Cesare si rifiutò. Silla lo condannò a morte. Cesare fugge da Roma, nascondendosi su pei monti della Sabina e cambiando alloggio di notte in notte, da casa a casa. S'ammala: è preso.
Avevano ordine d'ucciderlo, dovunque si trovasse; ma i sicari lo condussero a Roma.
Senatori, sacerdoti le stesse Vestali s'intromisero per lui.
- E sia; - disse alfine Silla - io gli perdono. Ma ricordatevi che, in questo giovine scapestrato, voi troverete un giorno molti Mario.
Poco dopo, scoppia in Oriente la seconda guerra mitridatica: egli arma a sue spese un piccolo esercito e una flottiglia; combatte per terra e per mare, e si guadagna la più ambita delle onorificenze romane: la corona civica.
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