2. I successori di Romolo
2.1 Il Re sabino e la Ninfa Egeria
Romolo era morto. Come a ogni scomparsa di un grande fondatore di Stato o della potenza di una Nazione, seguì a Roma una specie di sbandamento d'animi e di stupore. Chi sarebbe successo al Padre della Patria, al divino Romolo?
Dopo un anno d'interregno, i patrizi, i senatori e il popolo s'accordarono, e venne scelto a succedergli Numa Pompilio, d'origine sabina: "Uomo virtuosissimo - riferiscono gli antichi storici - e ripieno di quella grave e severa disciplina dei Sabini, della qual gente nessun'altra fu più integra e incorrotta".
Lo chiamarono, dunque; e Numa Pompilio, desiderando che al favore degli uomini si unisse quello degli dei, affinché ciò apparisse chiaro e manifesto, volle essere accompagnato dal Sacerdote in un luogo sacro. Quivi, narrano le leggende, sedette sopra una pietra, con le spalle volte a settentrione; e il Sacerdote, che aveva il manto calato in su gli occhi e il lituo, cioè un bastone col manico ricurvo, pulito e senza nodi, impugnato in una mano, gli pose l'altra sul capo. Tracciò col lituo, dopo aver pregato, dei segni nel cielo, dividendo lo spazio dal levante al ponente, dal mezzogiorno alla mezzanotte, e disse:
- O Giove Padre! S'egli è giusto e lecito che questo Numa Pompilio, di cui io tengo il capo tra mano, sia re di Roma, io ti prego che tu l'accenni entro quei limiti ch'io ho dianzi tracciati.
Favorevoli furono, a giudizio del Sacerdote, i segni celesti, e Numa fu re. Cominciò con l'edificare al dio Giano un tempio, che dovesse essere chiuso in tempo di pace e aperto in tempo di guerra. Rassicurò i popoli vicini con patti d'amicizia e d'alleanza, mostrando che i Romani non eran nati soltanto a battagliare per cupidigia di conquiste.
Divise l'anno in dodici mesi, secondo il corso della luna, stabilendo quali fossero i giorni fasti e quali i nefasti, quando cioè si potesse rendere o non rendere giustizia; istituì diversi ordini di sacerdoti ed elesse il collegio delle Vergini Vestali; determinò tutto quel che si dovesse fare per i sacrifici, per gli auguri, per le cerimonie del culto, sia per i vivi che per i morti.
E tutte queste cose, Numa Pompilio diceva che gli eran suggerite dalla Ninfa Egeria, che egli andava di notte a visitare presso a un boschetto, in una spelonca vicino alla città.
In breve i Romani si trasformarono a segno che un giuramento e il rispetto alla parola data valevan di più che il comando e il timore d'una legge.
Numa Pompilio morì, dopo 43 anni di regno. Gli successe, eletto dai patrizi e dalla plebe, Tullo Ostilio.
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