20.5 Testimonianze sotto gli occhi nostri
Dai resti che avanzano possiamo farci un'idea della bellezza e ricchezza di quei monumenti, e nello stesso tempo della grandezza delle città che li possedevano. Guardate la Porta Ercole, l'Arco dei Sergi, il Tempio d'Augusto, a Roma, la Porta Gemina e i due teatri e l'anfiteatro nella sola piccola Pola! Gli archi di Benevento, di Salonicco, di Lisbona, di Saint Remy e d'Orange e di tant'altri luoghi! Nell'anfiteatro romano di Verona, ancora trovan posto a sedere 22.000 persone; in quello di Spoleto, cittadina che ora conta 12.000 anime, potevano accomodarsi 30.000 spettatori. Dalle rovine degli acquedotti di Gard, di Metz e di Segovia, sembrerebbe che l'acqua dovesse servire a delle gran capitali: Ponte del diavolo chiamano ancora a Segovia le due lunghe file d'arcate sovrapposte, costruite al tempo di Traiano; Acquedotto dei miracoli è detto quello di Merida; Biu-Bir-Direk, o "dalle mille e una colonna", è chiamato dai Musulmani un serbatoio romano a Costantinopoli.
Ma non è qui, non è nelle contrade popolate dell'Europa, dell'Asia e dell'Africa intorno al Mediterraneo, ma laggiù, nei deserti dove le sabbie pietrose e la difficoltà dei trasporti impedirono al tempo e agli uomini di manomettere e di cancellare quasi completamente le testimonianze dello splendore dell'Impero di Roma: è laggiù che tu vedi, più che nelle stesse Ercolano e Pompei, la magnificenza degli ultimi tempi imperiali: selve di colonne, basiliche e templi marmorei, splendidi portici e archi di trionfo, fontane, terme, ville, fori e teatri, a Leptis Magna e a Sabratha in Libia, a Tebessa e a Timgad nel Sahara algerino, a Baalbek nella Siria, a Palmira nel deserto siro-arabo.
Ivi tu rimani pensoso e ammirato, e ti domandi: - Se così erano le più lontane città di provincia, che cosa non saranno state quelle di residenza imperiale? Che cosa non sarà stata Roma?
Fino a Diocleziano, che lasciò il potere nel 305 d. C., lo scrittore Lattanzio rimproverava "l'insaziabile smania di edificare".
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