13.8 Vespasiano
Vespasiano, lasciato il figlio Tito a espugnare Gerusalemme, nel 70 dopo Cristo venne a Roma. Rinsanguò l'erario, esausto per le pazze spese di Nerone e di Vitellio; ristabilì l'ordine e la giustizia; soccorse i miseri e i bisognosi con distribuzioni di viveri e con l'intrapresa di grandiosi lavori; ridusse a modeste proporzioni la "Domus aurea", e là dove Nerone aveva fatto scavare un gran lago, egli fece erigere il più colossale dei monumenti romani, l'Anfiteatro Flavio o Colosseo.
Innalzò anche un magnifico "Tempio della Pace", con annessa una pubblica biblioteca; istituì pubbliche scuole; restaurò l'acquedotto di Claudio e riedificò il Campidoglio, distrutto nell'incendio del 64. Faceva proseguire frattanto la conquista della Britannia.
Aveva bisogno di molti danari; per procurarsene, egli non esitò a diffondere in Roma alcuni luoghi che sollevarono allora una specie di scandalo, ma di cui nessuna nazione civile, oggi, per ragioni di decenza e di decoro, saprebbe fare a meno; vogliamo dire: le latrine pubbliche a pagamento. Suo figlio Tito, tornato trionfalmente dalla Giudea, ne era scandalizzato. Possibile che l'Impero dovesse fare affidamento anche su quei danari?
Ma Vespasiano, a fin d'anno, riscossa dai custodi una bella sommetta, gliela mise sotto il naso: - Olent? - gli chiese; cioè: - Puzzano?
No, non puzzavano. E i vespasiani ancora oggi sono in uso.
Quando ammalò, a 70 anni d'età e dopo dieci di regno, Vespasiano, sentendosi vicino a morire, volle essere levato dal letto.
- Un Imperatore romano - disse - deve morire in piedi.
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