20.8 Le cause della decadenza
E noi, tardi nipoti, che pur sappiamo la successione degli eventi, osserviamo all'immaginario interlocutore: - Eppure, la licenza dilaga; l'antico amor patrio non c'è più; tante popolazioni estranee, immesse nell'Impero, hanno cambiato il carattere dei Romani; non si amano più le gloriose fatiche del campo, e i cittadini rifuggono dalla guerra. Le legioni si riempiono di Barbari; prima eran solo gregari, poi si son affidati loro dei comandi, adesso pervengon più alti gradi.
Come potete pretendere, come potete credere che essi vi difendano dai loro fratelli, dai Barbari di là dalle frontiere, che agognano di invadere l'Impero?
- I Barbari non passeranno - sorride il nostro immaginario interlocutore. - Non vedete come, appena vengono a nostro contatto, noi li assimiliamo? Come sono orgogliosi di porsi al nostro servizio?
Non è il vandalo Stilicone il miglior difensore di Roma contro le orde del visigoto Alarico?
- Ma pure...
- No, non passeranno. Ciò non può avvenire.
Guai se l'Impero Romano dovesse cadere! Le fatiche di tanti uomini, di tante generazioni, di tanti secoli, sarebbero state invane. Si ricadrebbe nella barbarie; i popoli si dividerebbero ancora, e sarebbero nuove lotte, nuovi inenarrabili dolori e fiumi di sangue. Tanta civiltà, tante bellezze andrebbero distrutte.
Sì, questa fratellanza umana stabilita da Roma, questa unità di Nazioni in una Nazione sola, realizzate da Roma, si spezzerebbero, e forse per sempre. Perché a chi mai riuscirebbe più quel che è riuscito ai Romani?
No! L'Impero Romano non può finire...
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