10.2 La fine di Giugurta
Tornato a Roma, Caio Mario, ch'era nato in Arpino da una famiglia di contadini, si mise a capo del partito popolare, prostrato dopo l'eccidio dei fratelli Gracchi; fu eletto questore, poi tribuno della plebe; ottenne in sposa una giovane dell'antichissima patrizia gente Giulia; un altro potente patrizio, il console Cecilio Metello, lo condusse con sé in Africa, nella guerra che scoppiò contro il re Giugurta di Numidia; infine fu eletto egli stesso al consolato (107 a. C.).
Terminò allora la guerra, sconfiggendo nei deserti Giugurta insieme col suo alleato Bocco, re della Mauritania; con l'aiuto di Silla lo fece prigioniero e ottenne il trionfo a Roma.
Correvano i Romani a vedere, legato al carro del trionfatore, quel re africano che con l'oro o con le armi, coi delitti e coi raggiri, aveva dato tante noie alla Repubblica: Giugurta balzava qua e là, squassando le catene come una belva, e i Romani lo credettero impazzito. Lo racchiusero laggiù, nel Carcere Mamertino, sotto la rupe del Campidoglio.
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