18.5 In viaggio sulla trireme
E ora, eccoci in viaggio. Gli schiavi incominciano a vogare. Le loro plastiche schiene si alzano e si abbassano contemporaneamente. I muscoli si gonfiano. Il capo-ciurma dà la cadenza della vogata a voce. Ma spesso adopera per questo un flauto, un tamburello o un fischietto. Navigazione meravigliosa. Sull'acqua placida, tersa, pura e così intensamente azzurra della rada di Miseno, la trireme avanza sicura. I tre ordini di remi si alzano e si tuffano con un moto sincrono e uniforme, scandito dal secco colpo che questi producono negli scalmi. Viste dalla spiaggia, tutte queste pale che si alzano e si abbassano assieme fanno pensare alle zampe di un mostruoso insetto che corra sul pelo dell'acqua.
Navighiamo ora a cinque nodi e mezzo l'ora: circa dieci chilometri. Una velocità notevole, che a vela difficilmente avremmo raggiunto con una velatura così semplice, tranne nel caso di una brezza molto tesa e favorevole. A ogni modo, essa ci permetterebbe di raggiungere la Sicilia in meno di trenta ore di navigazione, Eolo e onde permettendo. Né manca a bordo un solcometro a nodi con relative ampolline a polvere per misurare la velocità. Un simile sistema era adoperato fino a pochi decenni addietro a bordo dei velieri.
Ma ora la bella trireme è al largo. Ecco l'ampia insenatura di Baia, tutta biancheggiante di marmoree ville, di palazzi, di templi e di terme. Baia era uno dei luoghi di villeggiatura preferito dai Romani: un vero paradiso terrestre di delizie. Più in là, ecco la vecchia Puteoli, l'antica Paleopolis greca o "Città Vecchia", oggi Pozzuoli, centro di commercio e di traffico marinaro, porto ausiliario del grande arsenale militare di Miseno.
Abbiamo ora doppiato la punta di Posillipo e la piccola Isola di Nisida. Ecco aprirsi per intero davanti a noi l'arco lunato del gran golfo di Napoli. La terribile eruzione che seppellì Pompei, Stabia ed Ercolano non è ancora avvenuta. Siamo all'epoca di Augusto, e il Vesuvio, o "Vesevo", erge il suo unico cono altissimo e non ancora decapitato. Il vulcano è spento da secoli, ma sta per ridestarsi.
Ecco laggiù la piccola Nea-Polis, chiusa tra le sue mura bianche e tutta circondata da amene colline. L'hanno fondata mercanti greci, secoli or sono, chiamandola "Città Nuova".
Un giorno sarà Napoli.
La trireme, ora, punta verso Stabia (oggi Castellammare).
Sulle falde del Vesuvio, presso il mare, dilaga e biancheggia l'abitato della sontuosa Ercolano, altro ricco centro di villeggiatura. Al largo, il solitario baluardo montuoso dell'Isola di Capri conoscerà tra pochi decenni, sulle sue erte balze, i meravigliosi palazzi marmorei e le splendide ville del vecchio e stanco Tiberio, sazio di gloria militare e oppresso dall'amarezza.
Ora il vento si è levato, e la trireme spiega le sue bianche vele ricamate in oro.
Quanta, quanta ricchezza, civiltà e potenza militare adunate dai Romani in questo golfo, una delle chiavi della loro potenza marinara nel Mediterraneo!
Non passerà un secolo, e la stazione navale di Miseno, enormemente ampliata, avrà i suoi porti interni nel Lago di Lucrino e nel Lago d'Averno, congiunti al mare da appositi canali.
Una lunga galleria, scavata sotto la collina di Posillipo, congiungerà Palepolis a Neapolis, in prolungamento della via Appia, e porterà ai legionari e ai marinai dell'immensa base navale gremita di navi da guerra, di insegne, di orifiamme e di stendardi, l'acqua potabile limpidissima e fresca che sgorga dalle colline partenopee.
E Miseno diverrà la più grande e perfetta stazione navale dei tempi antichi.
Il nostro immaginario viaggio è terminato. In quale splendida epoca abbiamo vissuto con la fantasia!
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