2.2 Tullo Ostilio
Romano d'origine, discendente dai primi valorosi guerrieri che s'erano illustrati nelle gloriose gesta con Romolo, fu re bellicoso.
Appena eletto, prendendo a pretesto un'incursione degli Albani nel territorio romano, spedì invano ambasciatori a chieder soddisfazione, e, non avendola ottenuta, bandì contro Alba Longa la guerra.
Era dittatore degli Albani, Mezio Fuffezio. Già i due eserciti erano di fronte, alle cosiddette Fosse Cluilie, fra Alba Longa e Roma. Già i soldati stavano per azzuffarsi. Mezio Fuffezio uscì dalle file e chiese di parlamentare. Disse al re Ostilio:
- Tu sai quanto sia grande intorno a noi la potenza degli Etruschi, e come essa sia più pericolosa a Roma, vicina al Tevere, che non ad Alba Longa sui monti. I nostri uomini, che stan per combattersi, hanno lo stesso sangue. Perché trucidarci a vicenda? Perché gli Etruschi, che intanto ci guardano contenti, finiscano poi per sterminarci tutti, vincitori e vinti? Troviamo il modo di recarci il minor danno possibile, col minor spargimento di sangue! Facciamo combattere tre soli uomini dall'una parte e dall'altra, e dal loro duello si decida di chi dovrà essere la vittoria.
C'eran per caso tre fratelli tra i Romani e tre fra gli Albani, di pari età, di pari forza e di eguale sperimentato valore. La proposta di Mezio Fuffezio venne accettata, e suffragata secondo le sacre formule stabilite da re Numa Pompilio. Disse un sacerdote Feciale:
- Mi comandi e vuoi tu, o re Tullo Ostilio, che io faccia l'accordo con il Padre patrato del popolo albano?
- Voglio - rispose il re Ostilio.
- Io ti chieggo, allora, l'erba sacra.
- Prendila pure.
L'erba era un pugno di gramigna, che doveva essere strappata sul Campidoglio. E patrato voleva dire l'eletto.
Avuta l'erba, il Feciale domandò:
- Fai tu me, o Re, tuo nunzio e mandato reale e del popolo romano, con i miei arredi e i miei compagni?
- Così faccio - rispose Tullo Ostilio - e ciò sia senza frode e senza danno mio né del popolo romano.
Allora il Feciale, toccando con della verbena il capo e i capelli d'un uomo virtuoso che si chiamava Spurio Fusio, lo nominò Padre patrato dei Romani.
E andò Spurio Fusio al campo degli Albani, e lesse i patti dell'accordo fra Tullo Ostilio e Mezio Fuffezio; quindi aggiunse:
- Ascolta, o Giove; ascolta, Padre patrato del popolo albano; ascolta tu, popolo albano! Il popolo romano non sarà il primo che mancherà a questi patti; se mancherà, per consiglio pubblico o fraudolento, allora tu, o Giove, in quello stesso giorno così percuoti e ferisci il popolo romano, come io ora ferisco questa vittima; anzi, tanto più ampiamente feriscilo e percuotilo, quanto tu sei più potente!
Così dicendo, Spurio Fusio colpì e abbatté la vittima con una selce. Altrettanto fecero gli Albani: dopo di che, in mezzo ai due eserciti schierati, il combattimento fra i tre Orazi romani e i Curiazi d'Alba incominciò.
Voi sapete già come si svolse la lotta. Al primo scontro, due Romani morti e il terzo incolume; tutti e tre gli Albani feriti. Allora l'Orazio superstite finge di fuggire: i Curiazi lo inseguono, ma, essendo diversamente feriti, si distanziano fra loro. Improvvisamente, il Romano si volge e affronta l'avversario più vicino e lo stende a terra. Ansia fra i suoi. Affronta il secondo e lo rovescia. Urli di gioia fra i Romani. Va contro il terzo e l'uccide. Delirio da una parte, sgomento e angoscia negli altri. Roma aveva vinto! Alba Longa diveniva vassalla della giovine città. Tullo Ostilio comandò a Mezio Fuffezio di non disciogliere l'esercito, per marciar presto insieme, sotto i suoi ordini, contro i vicini Etruschi.
Si additano ancora, sulla strada d'Albano, fuori di Roma, gli avanzi delle tombe che si disse aver eretto i Romani ai due prodi Orazi caduti; e al tempo dell'impero ancora esistevano i pili, o le colonne, dove si credeva che il terzo Orazio avesse appeso come trofeo le armi dei tre fratelli albani.
Scoppiò la guerra contro Veio, ed era Mezio Fuffezio favoreggiatore del nemico, poiché molto gli rincresceva il vassallaggio impostogli da Roma. Marciò con Tullo Ostilio, ma non partecipò alla battaglia che si combattè alla foce del Tevere, stando invece ad aspettare da qual parte pendesse la bilancia della vittoria.
Questa fu dei Romani: venne allora Mezio Fuffezio a congratularsi. Tullo Ostilio lo invitò a un sacrifizio.
Mentre gli eserciti erano schierati e i legionari romani stavan disposti alle spalle degli Albani, Mezio Fuffezio, accanto a Tullo Ostilio, era tenuto d'occhio da alcuni centurioni.
A un certo punto, Tullo Ostilio parlò e disse:
- Se vi fu mai guerra difficile per noi, o Romani, essa fu quella che abbiamo vinto contro i Veienti, poiché soli ci trovammo di fronte a loro. Di ciò non han colpa gli Albani, perché essi obbedirono al loro re. Ora io ho stabilito: per le comuni fortune, tornino Albani e Romani a formare un popolo solo; verranno gli Albani a Roma, e avranno gli stessi nostri diritti di cittadinanza, con seggi nel Senato. In quanto a te, o traditore Mezio Fuffezio, come fra due fu diviso il tuo animo scellerato, così sia del tuo corpo.
Fece un segno ai centurioni, i quali, apprestate due quadrighe in direzioni opposte, vi legarono in mezzo Mezio Fuffezio. Poi sferzarono i cavalli, e il corpo del miserabile andò strappato in due parti. La popolazione di Alba Longa fu trasferita a Roma, e quella città spianata dalle fondamenta.
Roma si raddoppiò: tutte le alture del Celio vennero occupate dai nuovi abitanti. Fra le loro case, Tullo Ostilio eresse la sua reggia. Si fabbricò una nuova ampia sede per il Senato, la quale, dal nome del re, fu chiamata Curia Ostilia.
Dopo 32 anni di regno Tullo Ostilio morì; si disse per un fulmine che sterminò tutta la sua famiglia, avendo egli celatamente fatto un sacrifizio a Giove, senza le cerimonie prescritte dalla religione.
Si convocarono i comizi, e il popolo elesse re un nipote di Numa Pompilio: Anco Marzio.
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