11.12 A Tapso in Africa
Bisognò ripartire. Nel dicembre dello stesso anno, 47 a. C., Giulio Cesare era in Sicilia; nel gennaio del 46 a. C., in Africa; ai primi d'aprile, alla battaglia di Tapso, le forze nemiche erano interamente annientate, e il fuggiasco re Giuba si faceva ammazzar da uno schiavo; in giugno, Cesare era a Roma.
Vi fu accolto con onori mai prima veduti. Già dittatore, gli fu prolungata questa carica per altri dieci anni; fu eletto censore unico; furono accresciuti a 72 i suoi littori; gli fu dato il diritto, nelle assemblee, di pronunciar primo il suo parere; venne chiamato Iulius (Luglio), dal suo nome, il mese in cui egli era nato, e dichiarata sacra la sua persona. Ordinati quaranta giorni di feste, il Senato decretò che Cesare ascendesse sul Campidoglio, come Camillo, su un carro trainato da quattro cavalli bianchi, per celebrar quattro trionfi: sui Galli, sull'Egitto, su Farnace e su Giuba.
Aveva sempre perdonato ai suoi nemici. Quando gli fu recata la corrispondenza di Pompeo, non volle leggerla per non saper nulla dei suoi avversari. In tutte le battaglie ordinava:
- Risparmiate i Romani.
Ora, assicurò il Senato ch'egli non avrebbe rinnovato le stragi di Mario e di Silla, e:
- Così - aggiunse - avessi potuto non versare una goccia di sangue cittadino! Dalla necessità fui costretto a vincere per non perire. Ora, deposta la spada, procurerò di guadagnar con le buone opere coloro che persistono a odiarmi.
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