3.6 Le lividure sul dorso
Ora, un giorno, un vecchio valoroso centurione, battuto appunto per debiti, si fa largo tra il popolo; mostra le gloriose cicatrici sul petto delle ferite ricevute combattendo in campo contro i nemici, e sulla schiena i lividi delle battiture recenti. La plebe si commuove e si irrita, comincia ad agitarsi, a tumultuare... E un esercito di Volsci, frattanto, marciava sulla Capitale; ritornavano in armi i Sabini, si armavano gli Aurunci.
I patrizi, alle strette, promettono concessioni ai plebei, ma a guerra finita; si liberano i debitori dalle carceri e dalle catene; si va tutti insieme contro i nemici; si respingono i Volsci, a cui si toglie la città di Suessa Pomezia; si vincono i Sabini e gli Aurunci; si torna trionfalmente a Roma. Fu peggio! I plebei ricaddero in più tristi condizioni di prima.
E allora nuovi tumulti, sedizioni e sommosse. Nuovo pericolo da parte di Volsci, di Equi e di Sabini. Nuove promesse e nuove delusioni dopo la vittoria. Finalmente, i plebei abbandonarono Roma e si ritirarono su un colle presso l'Aniene a tre miglia dalla città, decisi a non ritornarvi finché i patrizi non avessero mantenuto la parola data.
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