20.2 Una sola Nazione al mondo
Pensate, ragazzi: tutti quegli Stati, tutte quelle Nazioni, tutti quei Paesi che voi vedete ora rappresentati con diversi colori, come in una vasta e variopinta scacchiera, nelle carte geografiche, dall'Atlantico al Mar Caspio e al Golfo Persico, dal Reno, dal Danubio e dal Dniester ai grandi deserti africani, su Europa, Asia e Africa, intorno al Mare Mediterraneo: tutte quelle genti, civili e barbare, che prima di Roma s'erano accapigliate, s'accapigliarono poi, e ogni tanto ancora lottano tra loro, vivevano allora, sotto l'Impero Romano, unificate.
Di tanti popoli, Roma aveva fatto un sol popolo. "Fecisti patriam", cantava nel 400 d. C. un poeta della Gallia, "diversis gentibus unam; urbem fecisti quae prius orbis erat": "Facesti una patria, di diverse genti, unica; una città facesti di quel che prima era un mondo".
Oh, mettiamoci in viaggio; non ci sono barriere, non ci sono confini: i confini di Roma sono ai confini del mondo. Dovunque troveremo istituzioni e magistrati romani e, con Caracalla (212 d. C.), ovunque, per ogni terra del vasto Impero, ogni libero potrà proclamarsi cittadino romano.
Civis romanus! Magica parola, che accomuna genti delle più lontane regioni negli stessi diritti e negli stessi doveri, che offre a tutti gli stessi vantaggi, a tutti apre le medesime possibilità di concorrere agli uffici, di emergere nello Stato, di diventare perfino imperatore.
Oriundi da famiglie italiche trapiantatesi nella Spagna, voi sapete, furono gli imperatori Traiano, Adriano e Marco Aurelio; Pertinace era figlio di un carbonaio piemontese; Settimio Severo venne dalla Libia, Macrino dall'Algeria ed Eliogabalo dalla Siria; Massimino era addirittura un Barbaro della Tracia, arrolatosi nelle legioni; l'imperatore Filippo, a cui toccò in sorte di celebrare nel 247, con solennissime feste, il primo millenario della fondazione di Roma, era nato da uno sceicco arabo; altri vennero dalla Pannonia...
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