7.10 L'assalto di Cartagena
In Spagna, le cose erano andate male per i Romani. Due Scipioni v'erano stati uccisi e le loro forze pressoché distrutte dai fratelli d'Annibale. Era pericoloso andarvi. Ma un giovane di 25 anni, che aveva già dato molte prove di valore e che colà voleva vendicare il padre e lo zio, vi andò: era ancora Publio Scipione.
Arriva, e comincia ad assaltare la più formidabile piazzaforte nemica: Cartagine Nuova, piantata a picco sulle rocce, fra una palude e le rive del mare. Publio Scipione l'attacca in pieno giorno, passando nella bassa marea con l'acqua fino al petto, egli stesso alla testa d'un manipolo d'arditi; e le dà la scalata. Col concorso delle legioni, la inespugnabile città fu occupata: 18 navi da guerra e 63 da carico, enormi depositi d'armi, materiali e viveri d'ogni sorta, 75 baliste, la cassa militare, 400 catapulte, una gran quantità d'ostaggi e la intera guarnigione con 74 insegne e i comandi, caddero d'un colpo nelle mani romane.
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